Legambiente presenta Mobilità in-sostenibile, obiettivi pubblici e ruolo dei privati per cambiare la situazione delle città italiane
di Carlotta Gasparini

Coordinata dal vicedirettore di Repubblica Sergio Rizzo si è tenuta nei giorni scorsi una tavola rotonda organizzata da Legambiente dal titolo Mobilità In-sostenibile. “Il mondo è cambiato e le risposte alla mobilità non sono quelle che potevamo immaginare 10 anni fa. Serve un cambio di paradigma e le città devono essere un modello, senza lotta tra pubblico e privato. Ma la dimensione della sfida è grande”. Apre così l’incontro di Roma Edoardo Zanchini, Vicepresidente Legambiente, continuando “dare una direzione nuova alla mobilità significa cambiare realmente la qualità della vita dei cittadini”.
Manca un’uniformità organizzativa: la gestione della rete ferroviaria extraurbana è, infatti, regolata dalle Regioni, mentre il trasporto pubblico locale dai singoli Comuni. E sono proprio le città ed aree metropolitane e gli ambiti di area vasta a non avere strumenti reali di governo della mobilità privata e pubblica.

C’è un problema di prospettiva maggiormente nelle grandi città che presentano importanti deficit.
A Napoli, ad esempio, il numero passeggeri della Circumvesuviana si è ridotto del 30-40%, causa servizio degradato, così come sulla tratta Roma- Ostia Lido. Record negativo anche per le metropolitane: tutte le città italiane sommate ne hanno meno di Madrid, ovvero 3.83km di rete per milione di abitanti contro i 12,5 della Spagna, i 10,45 del Regno Unito.

Bisogna necessariamente investire nel trasporto pubblico, considerandolo come opportunità di crescita dei territori, e non solo come spesa – sostiene Maria Elena Perretti, Cassa Depositi e Prestiti -. I numeri parlano chiaro: il TPL è un servizio ma anche un’industria che muove un giro di affari complessivo di oltre 12 miliardi di euro l’anno, con più di 1.000 imprese attive, oltre 126 mila addetti occupati e 5,2 miliardi di passeggeri trasportati ogni anno.
Ma si deve partire in primo luogo dal parco mezzi: il trasporto pubblico patisce, infatti, il carico di un parco autobus con un’età media di quasi 12 anni (rispetto ai 7 circa dello standard europeo), di un servizio ferroviario regionale operato con treni che hanno in media 18,6 anni d’età e di reti urbane su ferro complessivamente poco capillari.

La città di Roma, purtroppo, è la cartina tornasole di questo “sfacelo”, troppi gli errori negli anni passati, come l’incapacità di trovare un’alternativa valida al traffico motorizzato e di offrire un servizio di trasporto collettivo adeguato, mentre in concreto Atac S.p.A. affonda sommersa dai debiti.
Alternativa presentata oggi da Riccardo Magi, segretario del movimento Radicali italiani, che sostiene come “Roma rappresenta la punta più avanzata del degrado inerente alla mobilità. La problematica riguarda le infrastrutture come, ad esempio, l’estremo ritardo nella costruzione della Metro C.” E qui si apre il dibattito: “quando a Roma si parla di trasporto pubblico, si parla di Atac S.p.A., e quando si parla di Atac si parla di disastro” – sostiene Magi -“Atac S.p.A. è un disastro programmato e quindi doloso. E’ necessario rompere il monopolio poiché nel rapporto tra Azionista Unico e Azienda, non se ne riesce a venire a capo”.
I Radicali hanno proposto un referendum “Mobilitiamo Roma”, proprio con lo scopo di proporre una soluzione alternativa alla gestione del trasporto pubblico romano, sui cui stanno raccogliendo le firme dei cittadini da presentare poi alla Amministrazione della Capitale. Si pensi solo che l’intero ammontare di perdita delle aziende di trasporto pubblico a livello nazionale è di 1.2 miliardi di euro, di cui 765 milioni sono perdite di Atac S.p.A.!

A dare sostegno al movimento è intervenuto il Senatore Walter Tocci, ex assessore alla mobilità della giunta Rutelli, che ha ragionato partendo dal futuro della mobilità, delle innovazioni tecnologiche in corso, sui drammi della espansione urbanistica, della carenza della rete di infrastrutture e dello stato fallimentare di ATAC.
Prima dell’avvento dello smartphone – continua Tocci – non si aveva la coscienza tecnologica né la capacità di “aggregare la domanda, con un click”. Oggi, invece, abbiamo a disposizione una tecnologia diversa, che dovremmo utilizzare, con la quale si potrebbe, ad esempio, introdurre la modalità collettiva di uso taxi, come pure l’unificazione giuridica di taxi ed ncc, come già proposto dal Senatore “TaxiPlus.
E ancora “quando il bus passa a 30min/1ora, non è più servizio pubblico; bisogna togliere ad Atac S.p.A. la rete debole” e sostituirle con forme innovative di servizio legate alla sharing mobility.
Ma perché esiste il debito Atac? Secondo il Senatore Tocci, “concettualmente il debito Atac non dovrebbe esistere, posto che siamo entrati nella logica del contratto di servizio. E’ evidente che l’azienda non sia in grado di gestire il contratto, poiché se fosse in grado non ci sarebbe debito. E’ necessaria quindi una nuova gara, con il soggetto vincitore che andrà a cambiare i vertici (mantenendo i lavoratori) perché l’azienda ha le proprie gravi carenze proprio nell’organizzazione aziendale. Quindi una nuova gara che abbia ad oggetto la gestione e manutenzione, tenendo invece ferme in capo al Comune le funzioni regolative è utile e per questo ho sottoscritto il referendum dei radicali”.

Ma allora perché non si investe sul trasporto pubblico di Roma con nuove soluzioni?
Un esempio concreto è la vicenda raccontata da Andrea Buonomini, di Rapt Italia: “tre anni fa abbiamo presentato un progetto spontaneo alla Regione Lazio, che prevedeva la gestione del servizio della tratta Roma – Ostia Lido da parte di Rapt Italia (soggetto interamente pubblico), ma con la continuità della regolazione del settore affidata al Comune. Il nostro progetto prevedeva il potenziamento delle vetture ferroviarie, prevedendo il trasporto di 1.200 persone per treno, con frequenza anche ogni 90 secondi. Il progetto quindi era di portare la rete ferroviaria agli standard moderni (con la messa in sicurezza di tutte le stazioni e il rifacimento delle linee di contatto, avendo la linea ferroviaria una media di 60-70 anni), come avvenuto a Firenze con la rete tramviaria, che ad oggi trasporta 12 milioni di passeggeri ed è attiva da 7 anni. Tuttavia, ritorna il problema di management di Atac S.p.A.: difatti, il progetto fu respinto in quanto l’azienda “aveva altri obiettivi”.

Da quanto emerge dal report di Legambiente “Pendolaria 2016”, in un Paese come l’Italia, dove nelle città si concentra l’80% della domanda di spostamento delle persone e dove il trasporto merci è dominato (con oltre il 90% su gomma) le politiche della mobilità dovrebbero avere il tema della mobilità come priorità. E invece, Governo dopo Governo, Ministro dopo Ministro, investimenti e priorità sono andate in direzione contraria, slegate da qualsiasi prospettiva europea. I finanziamenti da parte dei Governi che si sono succeduti in questi 15 anni attraverso la Legge Obiettivo ed il Piano Infrastrutture, hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. Quanto è stato finanziato per le reti metropolitane è ben poca cosa, visto che questa voce raggiunge appena il 13% degli stanziamenti per opere infrastrutturali. Situazione identica, se non peggiore, quella delle ferrovie, prese in scarsa considerazione, con il 27% degli investimenti totali, ma che includono le opere per l’alta velocità. In termini assoluti le infrastrutture stradali sfiorano la quota faraonica di 63,5 miliardi di euro, contro i 28,8 ed i 14,3 di ferrovie e metropolitane. Il capitolo Alta Velocità oltre 10,6 miliardi di euro.

Quindi, dalla situazione esposta oggi da Legambiente e dagli altri soggetti partecipanti, è doveroso sottolineare come la “spina dorsale” della mobilità, in ambito urbano e regionale, sia il trasporto pubblico locale e come sia necessario costruire attorno a questo un sistema integrato capace di sfruttare i benefici di ogni modalità di trasporto, dall’auto privata alle nuove forme di mobilità alternativa che si stanno affacciando sempre più velocemente nelle nostre città. Occorre, quindi, immaginare un sistema nel quale siano regolati e coordinati tutti gli elementi della mobilità, individuando con precisione le funzioni specifiche di ciascuno, definendo al contempo fabbisogni, progetti e risorse.
I prossimi 10 anni devono essere dedicati a risolvere gli spostamenti urbani e delle città metropolitane, con uno sforzo equivalente a quanto è stato fatto con l’alta velocità ferroviaria, ha concluso Legambiente.