Decarbonizzazione del settore trasporti e riduzione progressiva delle emissioni dei veicoli sia merci che passeggeri. Nell’ultimo numero di “Il Previdente”, mensile di FP CISL, Anna Donati affronta il tema della mobilità sostenibile in Italia, indicandone le problematiche e proponendo soluzioni e buone pratiche in un’ottica europea.

D. Cosa vuol dire mobilità sostenibile?
R. Attualmente la mobilità in Italia è “insostenibile” nel senso che produce emissioni inquinanti, gas serra, rumore, incidentalità e mortalità sulle strade, occupazione degli spazi pubblici pregiati nella città.
Inoltre non sono garantiti gli spostamenti in particolare nelle periferie delle città e questo produce degrado ed esclusione sociale.
L’’Italia è ancora purtroppo uno dei paesi europei in cui l’inquinamento dell’aria fa più vittime, con 79.820 morti premature in Italia nel 2014, secondo il dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.
E la componente traffico è tra quelle che producono più inquinanti.
Ridurre l’inquinamento atmosferico in ambito urbano produce elevati benefici pubblici e privati: solo i vantaggi per la salute e l’ambiente consentirebbero alla collettività di risparmiare decine di miliardi di euro di esternalità negative come le spese sanitarie.
Peraltro il settore dei trasporti è responsabile di un quarto delle emissioni di C02 ed ha visto un leggero aumento delle emissioni, invece che una loro riduzione, rispetto al 1990. Considerati inoltre gli impegni al 2030 che prevedono per l’Italia un taglio del 33% delle emissioni dei trasporti rispetto al 2005, occorre un deciso cambio di marcia nei prossimi anni.

D. In Europa quali soluzioni si stanno adottando?
R. Decarbonizzare i trasporti è la parola chiave che ricorre nelle politiche europee per la mobilità, decisamente necessaria per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra dopo l’Accordo di Parigi. L’Europa punta infatti ad abbattere le emissioni di C02 del settore trasporti almeno del 60% entro il 2050.
Non va dimenticato che la Commissione Europea ha avviato da tempo una procedura di infrazione contro Il Governo Italiano per i problemi di qualità dell’aria ed i superamenti di NO2 e PM10.
Di recente – a gennaio 2018 – il Commissario Europeo per l’Ambiente ha comunicato al Governo Italiano, che se non prenderà adeguate e rapide misure per la riduzione dei due inquinanti, la Commissione procederà al deferimento alla Corte di Giustizia.
Un nuovo pacchetto per la qualità dell’aria “Clean Air Policy Package”, è stato emanato dalla Commissione Europea nel 2013 per il conseguimento a breve termine degli obiettivi esistenti e per il raggiungimento al 2030 di nuovi limiti per la qualità dell’aria.
Tutto questo avrà un forte impatto anche sulla situazione delle città italiane che dovranno confrontarsi con limiti sempre più restrittivi.
In sede Europea sono in discussione nove regole per una riduzione progressiva delle emissioni dei veicoli sia merci che passeggeri, per ridurre l’inquinamento ed i gas climalteranti, con l’obiettivo dell’uscita dai combustibili “fossili” nei prossimi 20 anni.
A questo vanno aggiunte le Linee Guida europee per i Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile destinati alle città, per programmare servizi integrati, reti per il trasporto collettivo, più bicicletta e sharing mobility.

D. La qualità dell’aria nelle nostre città è migliorata?
R. Premesso che i fattori che producono inquinamento nelle città sono molteplici, il traffico secondo le indagini Ispra pesa in media intorno al 50% delle emissioni.
Il rapporto MobilitAria 2018 offre un quadro complessivo dell’andamento della qualità dell’aria e della mobilità urbana nelle principali 14 città italiane nel decennio 2006-2016. Lo studio è stato realizzato dal CNR-IIA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico) e dal Kyoto Club, prendendo come riferimento l’area comunale di ogni Città Metropolitana. Le città sono Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia. Nelle 14 città analizzate emerge che sebbene negli anni 2006-2016 si riscontri un miglioramento diffuso della qualità dell’aria con una lieve riduzione della media delle concentrazioni annuali (ed in alcuni casi anche dei superamenti dei valori limite), le città sono ancora caratterizzate da livelli di concentrazione e superamenti superiori ai limiti fissati per l’NO2, il PM10 e il PM2,5.
Questi sono in particolare gli inquinanti che hanno una più stretta correlazione con le emissioni dei veicoli, analizzando in specifico le centraline di rilevazione delle Stazioni di Traffico.
Analizzando il PM10, si rileva come in generale, rispetto alla media annuale, tutte le città hanno presentato una netta riduzione delle concentrazioni nel corso degli anni (Torino, Milano, Venezia, Napoli, Genova e Roma) che consente a molte di queste di avere valori inferiori ai limite di legge stabiliti
Riguardo invece il numero dei superamenti del PM10 del valore limite giornaliero la situazione appare più critica soprattutto per Milano, Torino, Venezia, per le quali, nonostante si registri una netta riduzione dei valori nel corso degli anni, i valori sono molto superiori al limite (35 giorni per anno). Altre città che riportano superamenti superiori al limite sono Roma, Napoli e Cagliari.
E’ possibile dunque osservare una generalizzata riduzione nel decennio delle concentrazioni degli inquinanti considerati, tuttavia, ancora molti sforzi saranno necessari affinché si arrivi ad una riduzione al di sotto dei valori limite imposti dalla normativa a tutela della salute.
Tra i fenomeni che influiscono sulla qualità dell’aria vi sono le condizioni meteoclimatiche come scarsa ventilazione e rimescolamento (tipiche della pianura padana) che influiscono sulla concentrazione degli inquinanti in atmosfera, e dunque rendono difficoltoso, in alcune città, il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa, nonostante che le stesse abbiano realizzato importanti investimenti nella direzione delle mobilità sostenibile e condivisa.

D. Quali sono le pratiche sostenibili nelle nostre città?
R. L’andamento della mobilità nelle 14 grandi città nel decennio 2006-2016 – come risulta dal Rapporto Mobilitaria 2018 – fa emergere realtà interessanti e positive, ma anche conferme di problemi strutturali da affrontare e risolvere. Il tasso di motorizzazione è diminuito in molte città, ma resta comunque molto alto. Prima in classifica è Catania con 684 veicoli/1000 abitanti, Cagliari con 646/1000, terza Torino con 639/1000.
Hanno meno veicoli le città di Venezia (424/1000), Milano (510/1000), Firenze (514) e Bologna (518). Nel decennio quasi tutte le città hanno visto abbassare il tasso di motorizzazione con in testa Roma (13% ma resta molto alto con 612/1000) e Milano con -10%. Invece Catania e Reggio Calabria continuano a crescere.
Aumento deciso dal 2006 al 2016 dei veicoli diesel al centro nord, mentre al sud i veicoli sono molto vetusti come a Napoli e Catania dove gli Euro 0,1,2,3, superano il 60% del totale. Presente una percentuale interessante di veicoli a metano e GPL, mentre auto ibride ed elettriche sono un numero davvero irrilevante.
Strettamente correlati a questi dati è la ripartizione modale cioè come si spostano ogni giorno i cittadini/e. Le città che usano di più l’automobile sono Cagliari (78%), Reggio Calabria (76%), Catania e Messina (68%). Le più virtuosa è Genova (33%), seguono Milano e Venezia (35%), Firenze (41%), Napoli (44%).
Ma a Firenze e Genova ogni giorno il 22% si sposta in moto, il doppio delle altre città e con i più alti tassi di motorizzazione di motoveicoli (Genova 238/1000 ab.), Catania (202/1000 ab.) e Firenze (190/1000 ab), che nel decennio sono cresciute rispettivamente del 14%, del 21% e del 12%.
Il Trasporto Pubblico nelle 14 città non è soddisfacente: per l’uso del TPL le migliori sono Milano (38%) e Genova (30%), seguite da un gruppo che si attesta tra il 20-26% (Napoli, Torino, Venezia, Roma, Bologna). All’altro estremo quella più scarsa è Catania (5%) seguita da un gruppo che varia tra il 6 e 9% (Cagliari, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Bari) a conferma delle difficoltà del trasporto collettivo nel Sud.
In questi dieci anni sono state realizzate nuove reti tramviarie e metropolitane con il miglioramento del servizio, ma in alcune città i nuovi veicoli destinati a potenziare l’offerta arriveranno nei prossimi anni.
Le Zone a Traffico limitate sono cresciute in modo deciso e sono stati istallati ovunque varchi telematici di controllo. Diverse città hanno istituito nuove ZTL come a Mestre, Bari, Genova, Napoli, Palermo, altre le hanno ampliate.
Tra queste Milano che ha istituito l’innovativo pedaggio di accesso di Area C (per ora unica in Italia) e che ha l’area più estesa in rapporto alla dimensione della città seguita da Firenze.
A Messina la ZTL è ancora senza varchi elettronici (in arrivo), a Torino la ZTL principale del centro città è in funzione solo dalle 7,30 alle 10,30 e c’è una discussione in corso per estendere l’orario.
Aumentano le piste ciclabili in particolare a Mestre, Milano, Bologna, Firenze, Torino ma diverse città hanno pochi chilometri di rete. Firenze è la città dove si pedala di più (9%) seguita da Mestre (8%), Bologna e Milano (6%), Torino (3%).
In crescita anche le are pedonali. Tra le grandi città che camminano di più ogni giorno Napoli è la prima (19%) seguita da Venezia e Bari (18%), da Palermo e Catania (15%), Genova (14%), Messina e Reggio Calabria e Torino (13%), Milano, Cagliari, Firenze e Bologna (12%) e Roma (8%).
Nel 2013 la grande novità è stato l’avvio del Car Sharing a flusso libero in 5 grandi città (Milano, Roma, Firenze, Torino) con diversi operatori privati, flotte di auto significative e un buon successo di utenza.
Mentre questi servizi innovativi faticano non poco nelle città di medie dimensioni e dove la regolazione del traffico privato è ancora debole.
Anche il bike sharing fa fatica ad espandersi e diversi sono i casi dove il servizio è stato chiuso come a Roma. Una buona eccezione è Milano con il servizio BikeMI nato nel 2008, che si espande e crescono gli utenti, seguito dal bike sharing di Torino.
Infine ultima novità del 2017 è l’arrivo del bike sharing a flusso libero con migliaia di biciclette a Firenze e Milano, ora avviato anche a Torino a Roma.

D. Quali sono gli esempi virtuosi già attivi in Italia?
R. Milano è un Amministrazione che ha investito molto e in modo innovativo sulla mobilità sostenibile: con il sistema di accesso a pagamento Area C, con gli investimenti per le reti e servizi del trasporto pubblico, con quattro linee metropolitane e la quinta in costruzione, con la crescita dell’uso della bicicletta e del bike sharing, con l’avvio del car sharing nel 2013 e l’espansione delle aree pedonali. Lo dimostra come ci si sposta ogni giorno in città: il 35% usa l’auto e una quota superiore del 38% usa il trasporto pubblico, uno dei più efficaci in senso sostenibile in Italia. Resta comunque ancora molto da fare per lo sviluppo della bicicletta. Positivo che dal 2006 al 2016 l’indice di motorizzazione si sia ridotto di 10 punti, da 610 a 510 auto ogni 1000 abitanti.
Milano resta comunque una città con seri problemi ambientali per la qualità dell’aria, sia per lo squilibrio modale nell’area metropolitana a favore del veicolo privato e per la sua conformazione geografica e meteo nel bacino padano. Ed è proprio a questa scala metropolitana milanese che serve molta più innovazione, investimenti, reti e servizi per la mobilità sostenibile.
In questi dieci anni sono state realizzate nuove reti tramviarie e metropolitane con il miglioramento del servizio, ma in alcune città i nuovi veicoli destinati
Anche Firenze è una città che ha realizzato diversi provvedimenti utili e positivi per la mobilità sostenibile: dalla nuova linea tramviaria per Scandicci, alla crescita delle Aree Pedonali e della ZTL nel centro della città storica, all’aumento delle piste ciclabili cresciute del 39%, all’introduzione del car sharing nel 2015. Infine la strategia per lo sviluppo della mobilità elettrica, con l’istallazione di 100 colonnine di ricarica.
Da segnalare l’ampiezza della ZTL del centro storico che risulta tra quelle più estese tra le grandi città in relazione alla dimensione della città. Ed a fronte di questi provvedimenti concreti anche la qualità dell’aria è migliorata.
Entro la fine del 2018 inoltre saranno inaugurate due nuove linee tramviarie oggi in costruzione, che daranno un significativo impulso all’uso del trasporto collettivo ed alla mobilità elettrica.

D. La decisione tedesca sul bando al diesel sta già facendo registrare un effetto a catena: Il diesel è morto?
R. La decisione della corte federale amministrativa di Lipsia di giudicare ammissibile il blocco dei modelli diesel sotto lo standard Euro4, estendibile dal settembre 2019 anche agli Euro5, provocherà un effetto a catena nelle città inquinate, non solo tedesche, che segnerà la progressivo abbandono delle auto con motori diesel e una accelerazione della corsa all’elettrico.
Parigi, Madrid e Atene vogliono proibirli dal 2025, Roma dal 2024, Milano dal 2023, mentre Copenaghen intende limitarne l’uso già dal prossimo  anno. E i mercati, che già hanno recepito la disaffezione dell’opinione pubblica, rischiano ora di crollare.
Il Regno Unito ha visto una riduzione del 17% delle vendite nel 2017, mentre a livello europeo la quota dei diesel è scesa di ben dieci punti in soli tre anni, passando dal 53,6% del 2014 al 43,7% del 2017.
Ancora più significativo il dato delle vendite tedesche del mese di gennaio 2018, precipitato dal 45% del 2017 al 33% di quest’anno nell’attesa della sentenza auspicata da molte città intenzionate a limitare l’uso dei diesel.
La recente decisione di Fiat Chrysler di definire una data limite (2022) per l’impiego di motori diesel, sulla scia di quanto già annunciato da Volvo, Porsche e Toyota, è destinata quindi ad estendersi anche ad altre case.
Naturalmente la direzione verso il veicolo a basse emissioni è decisa ma la transizione non sarà semplice e breve perché dovrà fare i conti con i problemi economici delle famiglie per investire nel cambio dei veicoli.

D. Il futuro dell’auto come sarà?
R. Le “disruptive technologies” dopo l’energia trasformeranno rapidamente il mondo dei trasporti: l’avanzata della mobilità elettrica nel mondo, la ricerca in corso sui veicoli a guida autonoma, la sharing mobility in crescita, ne sono una prova concreta.
PriceWaterhouseCoopers ha delineato scenari interessanti ed in rapida evoluzione: alla fine del prossimo decennio i nuovi servizi di mobilità elettrica condivisa potrebbero portare a una riduzione del parco circolante in Europa dagli attuali 280 a 200 milioni. Nel 2030 solo il 5% delle auto vendute nella Ue sarebbe ancora a combustione interna.
Secondo questo studio, inoltre, il 25% delle auto sarebbe a guida autonoma garantendo il 40% degli spostamenti. Diverse imprese come Google, Ford, Uber e Nvidia potranno fare circolare in California i loro veicoli senza la presenza di un guidatore a bordo. E’ l’inizio di una rivoluzione che potrebbe evolvere con effetti dirompenti sull’industria dell’auto, del petrolio, delle assicurazioni.
Le strategie per superare il predominio dei veicoli a combustione interna hanno visto percorsi molto diversi nei principali paesi produttori.
Schematizzando al massimo, potremmo fare il seguente quadro.
La Germania, dopo aver creduto in passato all’idrogeno, è partita con forte ritardo sull’elettrico. Il Giappone dopo il successo delle auto ibride sta ora puntando sull’idrogeno. Gli Stati Uniti, dimenticata una breve parentesi sull’idrogeno, stanno accelerando sull’elettrico.
La Cina gioca con forza la carta dell’elettrico, ed è rapidamente arrivata a conquistare la leadership mondiale. Nel 2018 Pechino fornirà infatti oltre metà degli 1,5 milioni di auto elettriche che si prevede verranno vendute nel mondo e nel 2025 puntano a produrre 7 milioni di veicoli elettrici.
Dunque ci sono implicazioni di grande portata che riguarderanno le strategie di tutti i grandi gruppi. La Volkswagen ha raddoppiato a 40 miliardi $ gli investimenti sull’elettrico, ma probabilmente non basteranno.
Un’ultima riflessione sulle possibili trasformazioni della mobilità nelle nostre congestionate città. Uno scenario auspicabile vede la diffusione di forme di sharing che nel prossimo decennio si potranno realizzare con auto autonome. Una evoluzione che andrà però governata.
Se verranno forniti servizi efficaci, puntando sulla condivisione dei mezzi da parte di più passeggeri, si potrà ridurre fortemente il numero dei veicoli sulle strade.
E i parcheggi liberati potrebbero trasformarsi in ottime piste ciclabili, spazi pedonali, spazi di gioco per i bambini, verde urbano.
In questo futuro, l’auto autonoma condivisa, il trasporto pubblico e la bicicletta rappresentano gli assi di una mobilità davvero sostenibile.

D. Le soluzioni green vanno aiutate: cosa si sta facendo come progetti di legge in tal senso?
R. Negli ultimi anni la strategia per la mobilità urbana ha ricevuto nuovo impulso e anche il Parlamento ha dato segni di attenzione con nuove norme e risorse. Da questo derivano finanziamenti per i veicoli, per il completamento delle reti metropolitane di Milano, Napoli, Roma, Catania, Genova e Torino e per l’estensione di alcune tramvie.
Manca ancora però un vero e proprio piano di crescita per le reti tramviare ed il filobus, che offra soluzioni alla mobilità delle città medie italiane.
Con la legge di Bilancio 2017, è stato finanziato un piano complessivo da 3,7 miliardi da investire fino al 2033 per nuovi autobus.
Una buona notizia ma non sufficiente per svecchiare i 50.000 autobus in circolazione con una età media di 11,4 anni (in Europa è 7). Positiva novità anche dal Piano Industriale 2017-2026 delle Ferrovie dello Stato, che ha inserito tra le priorità il trasporto regionale ed ha finanziato l’acquisto di 450 nuovi treni regionali.
La bicicletta sembra finalmente aver acquistato dignità nelle scelte: Governo e Parlamento hanno destinato nell’ultimo triennio per la creazione di ciclovie nazionali e la crescita della bicicletta in città, 550 milioni di euro. A dicembre 2017 è stata approvata la significativa Legge quadro per la mobilità ciclistica, che andrà attuata nei prossimi anni.
In Italia manca un piano industriale per il veicolo elettrico (sia per auto che motoveicoli) ad esclusione del Piano dei Punti di Ricarica Elettrici deciso dal Governo e sostenuto da Enel, che nei prossimi anni verranno istallate nelle principali città italiane. Ma serve molto di più per far crescere il numero di veicoli elettrici: in Norvegia hanno predisposto incentivi molto robusti con agevolazioni fiscali e sono esonerati dal pagamento del pedaggio e dalla sosta.
Le nostre principali città dovranno adottare entro due anni i Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile, con il miglioramento del trasporto collettivo, la crescita dei treni per i pendolari, l’aumento dell’uso della bicicletta, il sostegno alla mobilità condivisa e l’uso del veicolo a basse emissioni.
Una cosa è evidente. Il mondo della mobilità vedrà rapidissime evoluzioni aprendo incredibili opportunità. L’importante è che ci sia la consapevolezza dei cambiamenti possibili e la capacità di governarli.

di Massimo Raffaele Favaloro

Leggi l’intervista ad Anna Donati su “Il Previdente”