Molte aziende scommettono sulla flying car per rivoluzionare i viaggi di media-corta distanza nelle città e nelle aree suburbane. Da Boeing a Uber, a che punto è lo sviluppo dei primi veicoli a decollo verticale o in doppia configurazione, stradale/aerea. L’articolo di QualEnergia.it.

Tra le varie tecnologie che puntano a rivoluzionare il nostro modo di viaggiare – l’auto a guida autonoma, il treno supersonico (hyperloop), i camion elettrici e gli aeroplani con motori ibridi – oggi in pochi probabilmente scommetterebbero sulle automobili volanti.

Eppure, alcuni analisti un po’ futurologi della società di consulenza newyorkese Deloitte, in un recente rapporto (Elevating the future of mobility, allegato in fondo all’articolo), sostengono che la flying car sia quasi matura per iniziare a planare sul mercato.

La data prevista per il lancio commerciale dei primi veicoli di questo tipo è intorno al 2020, come riassume la tabella seguente, perché la maggior parte dei costruttori sta già testando dei prototipi.

Nelle città di un futuro molto prossimo, affermano gli autori dello studio, vedremo una quantità crescente di veicoli elettrici o ibridi, silenziosi ed ecologici, capaci di decollare e atterrare in verticale (VTOL, vertical takeoff and landing).

Parliamo dei droni passeggeri o droni cargo, quindi una sorta di taxi volante con almeno quattro rotori, pilotato da remoto o completamente autonomo, in grado di trasportare persone e merci per brevi distanze.

Le auto volanti “tradizionali”, invece, hanno una doppia configurazione stradale/aerea, devono necessariamente decollare e atterrare negli aeroporti e richiedono una licenza di volo per essere guidate.

In un futuro leggermente più lontano, intorno al 2025, nei cieli potremmo vedere quelli che Deloitte definisce revolutionary vehicles, auto volanti che però potranno staccarsi dal suolo in verticale e quindi partire e fermarsi in qualsiasi punto, riuscendo a coprire distanze medie e lunghe.

Fantasia o realtà?

Riduzione del traffico e dell’inquinamento atmosferico, maggiore velocità degli spostamenti, possibilità di fornire servizi di trasporto a richiesta nelle aree urbane e suburbane, magari pensando a nuove forme di viaggi intermodali (drone taxi, metropolitana, bicicletta): con tutti questi vantaggi all’orizzonte, non c’è da stupirsi che siano molte le aziende impegnate in progetti sulle flying car.

Ci sono i colossi dell’aviazione Boeing e Airbus, alcune case automobilistiche, ad esempio Toyota ha creato la start-up Cartivator per realizzare il veicolo Skydrive; Deloitte cita anche società innovative come AirSpaceX, che sta sviluppando un velivolo elettrico-autonomo VTOL per il mercato urbano, MOBi ONE.

Uber sta lavorando con diversi partner industriali, tra cui Bell Helicopters, per costruire taxi volanti che dovrebbero essere testati dal 2020 a Dallas e Dubai. Boeing, a novembre 2017, ha acquisito Aurora Flight Sciences, società che sta progettando aeromobili autonomi e collaborando anche con Uber.

Tuttavia, molte barriere si frappongono tra questi “sogni volanti” e la loro futura diffusione nelle metropoli di tutto il mondo. Lo schema sotto evidenzia gli ostacoli più rilevanti.

La difficoltà principale è testare e certificare tutte le tecnologie – sensori avanzati, sistemi anticollisione, intelligenza artificiale – che consentiranno ai droni passeggeri di volare autonomamente, senza incidenti.

Inoltre, bisognerà definire una serie di regole per gestire il traffico aereo e valutare come assegnare le licenze di volo. Infine, si dovranno costruire nuove infrastrutture, come parcheggi riservati, aeroporti verticali (vertiport), punti di ricarica.

Senza poi dimenticare le barriere psicologiche: siamo sicuri di voler salire a bordo di un taxi volante senza conducente?

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