Il mercato europeo di auto e veicoli elettrici si giocherà sugli obiettivi di riduzione delle emissioni e sulle politiche industriali messe in campo. Il confronto con la Cina. Il problema del diesel europeo all’olio di palma. L’editoriale di Anna Donati sulla rivista QualEnergia.

Posizione nuova dell’Italia al Consiglio Ambiente dell’Unione Europea di fine giugno, con la proposta di incrementare gli obiettivi di riduzione di emissioni di CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri del 40% al 2030 e rendere vincolante il 15% al 2025.

Questo il punto di vista, illustrato dal nuovo ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, al Consiglio Ambiente di Lussemburgo nel corso della discussione sulla proposta di riduzione delle emissioni di auto e van contenuta nel secondo pacchetto mobilità.

Il ministro ha sostenuto che «dobbiamo raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi cui abbiamo aderito tutti con convinzione. Su questo tema è necessaria una maggiore ambizione che renderebbe l’Unione Europea più forte e vitale».

Per questo motivo, ha continuato il ministro «l’obiettivo della riduzione al 15% prevista dalla Commissione al 2025 deve essere vincolante, con un ulteriore incremento al 2028 e obiettivo al 40% al 2030».

Costa ha poi fatto riferimento alle tecnologie: «Non dobbiamo essere ostili alle nuove tecnologie. Proponiamo una revisione al 2022 e non al 2024 e di eliminare il sistema premiale dei crediti che alla lunga incentiva a inquinare. Potremmo prevedere un sistema di premi ­ ha concluso il ministro Costa ­ solo per chi supera gli obiettivi e un sistema di sanzioni previste per chi non raggiunge gli obiettivi di riduzione».

A novembre dello scorso anno, la Commissione europea aveva proposto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture del 15% e del 30% rispettivamente nel 2025 e nel 2030, ma non ha posto alcun obiettivo significativo sulle vendite di veicoli a zero emissioni.

Proposte discusse dai ministri dell’ambiente dell’Ue a fine giugno con diversi Paesi che hanno spinto per un suo rafforzamento, tra cui l’Italia, mentre di parere opposto la Slovacchia, la Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. La riunione aveva un carattere orientativo e vedremo cosa emergerà nei prossimi mesi in sede europea.

Lo studio di T&E sul veicolo elettrico

Secondo un Report elaborato a giugno 2018, da Transport & Environment – il network europeo formato da associazioni, Enti pubblici e aziende che si battono per una mobilità più sostenibile – dagli annunci delle case automobilistiche europee, nell’ultimo anno la Cina ha investito 21,7 miliardi di euro nella produzione di veicoli elettrici (Ev), mentre l’Europa solo 3,2 miliardi.

La Cina produce un terzo in più di automobili rispetto all’Europa (23,5 milioni di autovetture prodotte nel 2017 e 17 milioni in Europa) per cui le dimensioni del mercato non spiegano l’enorme disparità di investimenti.

L’ambizioso mandato della Cina, che impone ai costruttori automobilistici di produrre veicoli elettrici sul suo territorio, è un fattore chiave per gli investimenti nei veicoli elettrici, che oggi manca in Europa. La politica cinese in materia di veicoli puliti – il “mandato per i veicoli a energia nuova” – prevede che i costruttori di automobili ottengano crediti per la produzione di veicoli elettrici equivalenti al 10% del mercato complessivo delle autovetture nel 2019 e al 12% nel 2020.

Considerando la struttura del credito, l’obiettivo per il 2020 si tradurrebbe in veicoli a zero emissioni pari a circa il 4% dei veicoli venduti.

Veronica Aneris, rappresentante italiana di Transport & Environment, ha spiegato che «bisogna convergere verso la produzione di veicoli a zero emissioni, anche per garantire posti di lavoro nel settore automobilistico in Europa e non in Asia, il Parlamento europeo e i governi dell’Ue devono fissare un obiettivo vincolante di riduzione del 20% delle emissioni di CO2 per il 2025 e uno sulle vendite di veicoli elettrici. Il mandato per i veicoli a emissioni zero introdotto dalla Cina lo scorso anno è il fattore principale della sua leadership nel settore della mobilità elettrica, ma non è troppo tardi perché l’Europa recuperi il suo ritardo».

Volkswagen, Daimler e Renault-Nissan stanno gareggiando per investire nella produzione cinese di veicoli elettrici. Il più grande produttore automobilistico europeo, il Gruppo Volkswagen, è in testa con una joint venture da 10 miliardi di euro con la cinese Anhui Jianghuai nell’ambito dell’iniziativa Road Map.

E per produrre 80 nuovi modelli di veicoli elettrici entro il 2025, Nissan ha promesso 8 miliardi di euro come parte di una joint venture con Renault e Dongfeng nel tentativo di diventare il principale produttore di veicoli elettrici in Cina.

Daimler Ag si è associata con la cinese Baic in una joint venture da 1,6 miliardi di euro per aumentare la produzione di veicoli elettrici Mercedes nel nuovo stabilimento di Pechino.

Le case automobilistiche sono state chiare su come il forte mandato cinese sui veicoli rappresenti il driver principale dei loro investimenti. Un portavoce della Volkswagen ha dichiarato a Bloomberg che tale politica «si adatta perfettamente alla nostra tabella di marcia per i veicoli elettrici annunciata di recente».

Un recente studio di Cambridge Econometrics – promosso da Bmw, Renault-Nissan, Valeo, Abb, sindacati, gruppo consumatori Beuc e associazioni ambientaliste – ha concluso che 206mila posti di lavoro netti potrebbero essere creati nell’Ue dal passaggio dai veicoli a combustibili fossili a quelli alimentati da energie rinnovabili entro il 2030.

Affinché ciò accada, sono necessarie norme severe che spingano l’industria a investire in questo settore. T&E stima che se in Europa nel 2030 le automobili elettriche fossero per la maggior parte importate, un terzo dei posti di lavoro nel settore manifatturiero andrebbe perso. Le automobili e i furgoni sono responsabili dei due terzi delle emissioni di carbonio prodotte dai trasporti, il settore con le emissioni più elevate dell’Ue, con il 27% delle emissioni totali di CO2. I trasporti sono l’unico settore il cui impatto sul clima è aumentato dal 1990.

Diesel alla palma

Un altro motivo per puntare sul veicolo elettrico e la fine del diesel è l’impatto ambientale della produzione: più della metà dell’olio di palma importato nell’Ue viene utilizzato per produrre biodiesel per auto e camion.

L’olio di palma usato per il biodiesel è aumentato notevolmente negli ultimi anni mentre il consumo di olio di palma è in calo. Sono i dati dello studio di Transport & Environment sul diesel e i suoi effetti, presentato a maggio 2018.

Secondo il report, gli automobilisti europei consumano 4,3 milioni di tonnellate di olio di palma (come biocarburante) l’anno, 38 volte di più rispetto ai volumi globali utilizzati per la Nutella (circa 110mila tonnellate).

Dall’introduzione della Direttiva sulle Energie Rinnovabili del 2009 (Red I) dell’Unione Europea, la quota di olio di palma importata dal Sud-est asiatico e destinata ai trasporti è aumentata drasticamente negli ultimi anni, passando da 825 mila tonnellate nel 2008 a 3,9 milioni di tonnellate nel 2017.

Come emerge dallo studio, l’anno scorso le auto e i camion diesel hanno utilizzato come carburante più della metà (51%) di tutto l’olio di palma importato in Europa ­ che corrisponde ad un aumento del 13,5% rispetto all’anno precedente. Solo il 10% dell’olio di palma importato è stato utilizzato per il riscaldamento e l’elettricità – quindi, in totale, il 61% dell’olio di palma importato è stato impiegato per la produzione di energia – mentre il restante 39% è stato impiegato dall’industria alimentare e cosmetica.

L’Italia è il secondo maggiore produttore di biodiesel da olio di palma in tutta Europa. Nel 2017 l’Italia, Spagna e Paesi Bassi, che sono i tre maggiori produttori di biodiesel da olio di palma, hanno raffinato l’83% dell’olio di palma dell’Ue.

Solo in Italia, l’anno scorso sono state raffinate 860mila tonnellate di olio di palma grezzo per produrre biodiesel, soprattutto grazie alla raffineria Eni di Porto Marghera che è una delle più grandi bioraffinerie in Italia.

Secondo Coldiretti le importazioni di olio di palma a uso alimentare in Italia hanno invertito la rotta dopo essere più che raddoppiate negli ultimi vent’anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili ­ diminuendo del 20% nei primi sette mesi del 2017, con sei italiani su dieci che hanno evitato di acquistare prodotti alimentari che lo contengono, quindi l’Italia importa più olio di palma da miscelare con il diesel che per uso alimentare.

Anche questa è una buona ragione per puntare sul veicolo elettrico, insieme alle politiche per ridurre il consumo di auto e far ridurre l’indice di motorizzazione record che il nostro paese detiene in Europa, aumentando pedoni, ciclisti, trasporto collettivo e sharing mobility, per migliorare la qualità dell’aria e lo spazio urbano nelle nostre città.

L’articolo è stato pubblicato sul n.3/2018 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “L’auto del futuro. Europeo”