Sebbene negli ultimi anni le emissioni veicolari abbiano subito un abbattimento grazie all’effetto combinato del miglioramento della qualità dei carburanti e dello sviluppo di tecnologie motoristiche avanzate, l’inquinamento atmosferico rimane tra le maggiori preoccupazioni delle istituzioni e dei cittadini, in particolar modo nelle grandi aree urbane.

Analogamente, una quota rilevante delle emissioni di anidride carbonica proviene dal settore dei trasporti. Per capire quanto ancora sono elevati gli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana basta citare le stime riportate dalla World Health Organization (WHO) e dalla Commissione europea: si parla di circa 400.000 morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari, che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno nella sola Europa (rif.: Muoversi in città, di Anna Donati e Francesco Petracchini – Edizioni Ambiente).

La principale fonti di inquinamento atmosferico in ambito urbano è il trasporto; in Italia la situazione è aggravata oltre che dalla carenza di investimenti nel trasporto pubblico anche dal numero elevato di autovetture private peraltro in molti casi obsolete.

Basta leggere i dati odierni sull’indice di motorizzazione: in Italia ogni 100 abitanti vi sono 61 automobili, mentre ve ne sono 52 in Austria, 51 in Germania, 48 in Francia e Spagna, 45 nel Regno Unito (Unece, Transport Statistics Database, 2010). Tra le città italiane i più elevati tassi di motorizzazione si rilevano in città medie del Centro come l’Aquila (76), Viterbo (73) Perugia (70) e tra le grandi città Roma (65) e Torino (62) (Istat, Mobilità urbana, 2013). A livello europeo lo stato della qualità dell’aria nelle città presenta diverse criticità, infatti riferendoci all’ultimo rapporto della European Environment Agency 2014 (EEA) per il particolato PM10 i dati del 2012 indicano superamenti del valore limite giornaliero (pari a 50 μg/m3 da non superare più di 35 volte l’anno) in ampie zone dell’Europa e, in particolare, in 21 Stati membri (su 28 totali) in una o più stazioni.

Per quanto riguarda il PM2,5 i dati del 2012 (EEA) mostrano superamenti del valore obiettivo (pari a 25 μg/m3, in vigore dal 1° gennaio 2010) in 8 Stati membri in una o più stazioni, soprattutto in Europa Orientale. Per quanto riguarda il biossido di azoto, 20 Stati membri hanno registrato superamenti del valore limite annuale (pari a 40 μg/m3) in una o più stazioni; gli Stati con le concentrazioni più alte d’Europa sono la Germania, il Regno Unito e l’Italia, con picchi giornalieri vicini ai 100 μg/m3. Il valore limite orario per l’NO(pari a 200 μg/m3 da non superare più di 18 volte l’anno) è meno stringente e quindi superato in un numero inferiore di stazioni di monitoraggio. I miglioramenti ottenibili e i benefici relativi sono comunque davvero importanti, basta considerare infatti che secondo le ultime linee guida della WHO sulla qualità dell’aria, si ritiene che riducendo il PM10 da 70 a 20 μg/m3, come stabilito, si potrebbe ridurre la mortalità nelle città inquinate del 15% all’anno. Il recente progetto europeo Aphekom (finanziato dalla Commissione europea nell’ambito della salute pubblica), finalizzato al miglioramento delle conoscenze e della divulgazione delle informazioni per gli organi decisionali nell’ambito della qualità dell’aria e della salute in Europa, ha lavorato sulle stime di impatto in 25 grandi città europee (per l’Italia, Roma). È stato mostrato come la diminuzione fino a 10 μg/m3 nelle concentrazioni di PM2,5 (rif.: WHO, 2006, Linee guida annuali sulla qualità dell’aria) potrebbe comportare un aumento fino a 22 mesi di aspettativa di vita. Sempre nel progetto Aphekom, e con riferimento agli effetti a lungo termine, per la città di Roma è stato stimato un guadagno monetario di 980 milioni di euro per anno, riducendo di 5 μg/m3 la media annuale delle concentrazioni di PM2,5 e di oltre 2 miliardi di euro riducendo di 10 μg/m3 la media annuale delle concentrazioni di PM10.

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Per la prima volta nella storia della civiltà umana, nel 2007 la popolazione urbana ha superato quella rurale. Si prevede che nel 2050 la Terra ospiterà 9 miliardi di persone di cui circa il 70% in città, le quali diventeranno le maggiori responsabili delle emissioni di sostanze inquinanti, della produzione di rifiuti e dei consumi di energia. Numeri il cui impatto, tradotto in termini ambientali, dicono che le città, a livello globale, sono responsabili del 45% dei consumi energetici e del 50% dell’inquinamento atmosferico. E allora servono città efficienti, intelligenti e sostenibili: per garantire uno sviluppo sostenibile dell’umanità è cruciale trovare soluzioni innovative per la gestione della mobilità. Un interessante studio realizzato da BUND – Friends of the Earth Germany (Soot-free Cities – A European City Ranking on Best Practices on Air Pollution Reduction from Transport) nell’ambito del Progetto LIFE+ Clean Air finanziato dalla Commissione europea, realizza un outlook dello stato di qualità ambientale analizzato in riferimento alle politiche di mobilità attuate. Lo studio ha individuato una serie di indicatori finalizzati alla definizione di un ranking che indica un voto finale in grado di sintetizzare i miglioramenti realizzati dalle città oggetto dell’indagine. Le città sono state selezionate tra quelle di grandi dimensioni e situate nella parte centrale e occidentale dell’Europa, che avessero evidenti superamenti, e con potenziali best practice per la riduzione di PM10 e NO2. Sono state selezionate un massimo di 3 città per Paese al fine di bilanciare la selezione.

Tra le 23 città selezionate in 16 differenti Paesi è stata realizzata una classifica che vede in testa Zurigo, Copenhagen e Vienna. È interessante citare alcuni esempi di città che hanno affrontato e stanno rispondendo in modo adeguato al problema dell’inquinamento atmosferico. Londra ha riportato una riduzione di emissioni di inquinamento a partire dal 2005 (per il particolato, la riduzione ha riguardato sia il numero di superamenti giornalieri che la media annuale passata da 39 a 31,1), anche gli ossidi di azoto hanno indicato una riduzione dei valori di circa il 2% negli ultimi 6 anni. Questo successo è attribuibile a una serie di scelte strategiche fra cui l’introduzione nel 2008 della zona a ridotte emissioni, l’adozione di buone pratiche per la riduzione di emissione dal settore delle costruzioni e delle demolizioni, i continui investimenti nel trasporto pubblico che consta di una notevole rete metropolitana e circa 700 autobus di linea; la città ha iniziato anche a investire sulle infrastrutture per pedoni e ciclisti, attualmente per esempio è attivo un sistema di  bike sharing con circa 11.000 biciclette.

Stoccolma a partire dal 2008 ha riportato un miglioramento continuo della qualità dell’aria (la media del PM10 è passata da 36,7 nel 2008 a 25,7 nel 2012, per l’NO2 la riduzione è stata da 46 a 42. Come a Londra, a Stoccolma è stata istituita una zona a ridotte emissioni per veicoli pesanti attiva già a partire dal 1996; la zona copre tutto il centro della città, i veicoli diesel pesanti e i bus più vecchi di 6 anni devono rispettare almeno lo standard EURO II. La città ha avviato un programma per la riduzione dei motori non legati al trasporto quali quelli per le attività di costruzione

La città di Copenhagen ha una strategia per la crescita della mobilità sostenibile che si fonda su diversi elementi; per esempio la città si è dotata di un completo piano per la riduzione della velocità, fissando a 40 km/h la velocità massima in città, nei punti residenziali tale velocità scende a 30 Km/h. Ci sono inoltre tre società di car sharing con oltre 130 punti di parcheggio a disposizione. Nel 2013 il modal split della città ha raggiunto il punto minimo per l’utilizzo del veicolo privato, il 29%, mentre il trasporto pubblico il 28%, lo spostamento in bici il 36% e quello pedonale il 7%. Ma ancora più stringenti e visionari sono gli obiettivi futuri che fissano al 50% la quota di trasporto in bici.

La città di Lione negli ultimi otto anni ha incrementato in modo importante gli investimenti nel trasporto pubblico: due nuove linee di tram, due nuove linee metropolitane che si aggiungono alle quattro esistenti e una riorganizzazione completa della rete di bus. Inoltre l’informazione al pubblico è stata migliorata con diverse misure e attività, fra queste un sistema di informazione in tempo reale sul trasporto pubblico attraverso 500 video terminali installati nella città. Fra il 2004 e il 2009 la rete ciclabile è aumentata del 33% e fino al 2014 di un altro 60%, per il 2020 l’ambizioso obiettivo che si è posto l’Amministrazione è di avere 920 km di piste ciclabili.

La città di Milano si distingue per l’efficacia di alcune politiche di mobilità sostenibile, infatti nonostante la città sia caratterizzata da una condizione di inquinamento atmosferico pesante si osservano segni di miglioramento diffusi. Fra il 2009 e il 2012 si è riscontrata una riduzione dei superamenti di PM10. Tali miglioramenti sono stati possibili grazie a investimenti nei mezzi pubblici (complice anche l’evento Expo 2015 che ha garantito nuovi fondi di investimento, la rete tramviaria di Milano è una delle più grandi d’Europa), alla presenza dell’Area C che ha ridotto le emissioni nelle zone centrali (riduzione del 30% degli accessi nell’area che corrispondono a 40.000 veicoli in meno ogni giorno) e a una buona offerta di bike e di car sharing.

I buoni risultati si traducono in una riduzione del livello di motorizzazione del 17%a partire dal 2003 per le macchine, similarmente l’utilizzo del trasporto pubblico è incrementato dal 51% al 57% e il trasporto in bici è passato dal 5% al 6%. Appare evidente come non sia possibile impostare un unico intervento risolutore agendo sul settore dei trasporti e della mobilità, e come sia piuttosto necessaria una strategia che si fondi su una molteplicità di interventi volti alla riduzione delle emissioni nocive nel loro complesso.

Questi interventi devono essere intrapresi con coraggio dalle amministrazioni e istituzioni regionali e nazionali, se si vogliono trasformare le città in ambienti vivibili e non nocivi per la salute dei cittadini.

Francesco Petracchini, Lucia Paciucci CNR-IIA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico), Qualenergia.it