Lo scorso 16 marzo, ENEA ha presentato i risultati emersi da un rapporto sugli effetti dell’inquinamento dell’aria in Italia.

Secondo i dati che emergono dal rapporto, in Italia, a partire dal 1990 si è registrata una diminuzione complessiva dei cinque principali inquinanti, considerati i più dannosi per la salute e per l’ambiente, come biossido di zolfo (-93%), monossido di carbonio (-69%), ossidi di azoto (-61%), composti organici volatili non metanici (-57%) e polveri sottili PM2,5 (-31%).

Se, però, da un lato vi sono risultati positivi per l’utilizzo di nuove tecnologie, di combustibili più puliti e di macchinari più efficienti, dall’altro si è registrato un aumento del 46% nel settore civile delle emissioni di particolato PM2,5, principalmente per l’utilizzo di sistemi a biomassa poco efficienti: il particolato solo causa in Italia circa 30mila decessi all’anno, e negli altri casi accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi.

Insieme a questo, è risultato che le emissioni di ossidi di azoto da trasporto stradale non si sono ridotte come ci si aspettava con l’introduzione delle macchine a gasolio secondo gli Standard europei.

Nonostante, quindi, i progressi registrati in questi due decenni, l’Italia è ben lontana dal raggiungimento degli limiti previsti dalla direttiva NEC relativa alle emissioni massime al 2030, soprattutto per il PM 2,5; molteplici sono gli interventi che possono essere realizzati per il raggiungimento dello scopo, non solo a livello tecnologico, ma anche nello stile di vita dei cittadini, che possono ridurre l’uso di mezzi propri altamente inquinanti.

Una soluzione per le città è, inoltre, data dalle foreste urbane, in grado di contribuire alla riduzione dell’inquinamento in quanto catturano polveri sottili e ozono: a Firenze, è stato dimostrato che gli alberi riescono ad abbattere del 13% le emissioni di PM10 e del 10% quelle di ozono. Differente è la conservazione dei beni culturali, che rischiano una corrosione che va dal 26% per i siti archeologici al 17% per le chiese.

Le soluzioni per ridurre gli impatti esistono – spiega Gabriele Zanini, responsabile della divisione ‘Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali’ dell’ENEA –  ma è necessaria un’integrazione tra le politiche climatiche e quelle relative alla qualità dell’aria e una maggiore coordinazione tra i diversi settori scientifici di ricerca.

(Photo Credit: www.enea.it)